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di

Claudio Comandini

Data di Pubblicazione

8 maggio 2012

«I testi esemplari qui prescelti […] possono considerarsi precipitati di un più che decennale, multiforme processo alchemico, risultati di un’intensa ricerca di amore, libertà, conoscenza, esperita in presenza del gioco vitale degli elementi, del mistero del dì e della notte, della parola e del silenzio. Di questo gioco, di questo mistero, rimane traccia, ora come filigrana ora come lievito, nelle strutture poetiche di Claudio Comandini, severe, ma anche a volte aperte al balenare di un’accesa visività. L’approdo poetico rappresenta per Comandini l’autentica meta, il punto di condensazione di un’ampia spirale di appassionate avventure intellettuali attraverso non soltanto le contrade d’Europa, o i suggestivi ipogei dove regnano le Madri e gli archetipi, ma anche attraverso le filosofie d’oriente ed occidente, la vecchia e la nuova scienza, la musica direttamente praticata.»

(Emerico Giachery)

IL GIORNO PIU’ LUNGO

Vive della sua distruzione — fango senza tregua come vortici trasportano la danza

la verità è un errore — assenza di niente caduto è il cielo con la terra

(inverno 93 – autunno 95)

SINFONIA DI LEI

Lei non è come se fosse cialda,
una mannequin che gira fra festoni e cellulari
oppure una strega di wicca rifugiata in pizzeria.
È solo un passo di velluto
che solca un sentiero che porta non so dove.

Lei non è soltanto quella compiacente,
che s’incanta di quando mi prende a delirare
o inventa tragedie sperando di piacere.
Non è mai lo stesso orizzonte.
È un sogno in ascolto, partenza senza ritorno.

Lei non è la verde insidia dell’edera
che s’abbarbica sull’uretra e sull’aorta
e mi costringe a trascinare un frigorifero fino al 7° piano del Parnaso.
Quando ti guarda la riconosci,
quando si avvicina lei è presente.

(inverno 95)

Tre poesie

MARE DEL NORD

Ansante sordida metallica distesa Sponda compatta erompi di spuma Carezzata dei gabbiani le strida Le teste sotto la sabbia sepolte Schiacciata dalle nuvole qui nate Freddo abisso del nord

Sulla superficie olio Melma nel profondo Veliero abbandonato alla tramontana Che porta l’eco di campane fiamminghe Nei morti capelli d’un’alga marina Mare del Nord

Nella chiara luce del vuoto accogli Carcasse rami spezzati detriti A queste bianche e secche piagge tratti Dal fiottolo lucente attraversando Vasto l’orizzonte che cupo cerchia il golfo

(texel estate 88)

Mare del nord

PASSAGGIO

e giunge sull’ametista di trasparenze insondabili
la risonanza rapita alle grida
dell’occhio di fuoco di luce impazzito
sulle infinite increspature di braccia ridenti
di là del confine segnato dallo sguardo
fiero del suicidio vellutato
l’occhio di fuoco di luce impazzito
nelle frequenze dell’acquamarina
oro dipinge e cinabro

fra desiderio e sublimazione
a sud il cuore transita nell’aria
e si confonde il cielo con il mare
il sole declina a morire
oscillano fra l’abisso e la parvenza gli archi
del cerchio sul limite sospeso
e poi un bagliore
immemori luci e tenebre si conquistano
e poi più nulla

un altro mondo inizia, lo stesso,

(tharros equinozio d’autunno 88)

L’ASSENZA

Non è la morte a dividerci
ma questo spazio che non ci accoglie
nella distanza dove tu sei presente.
Ogni cosa serba traccia del tuo passaggio e solo resto a tessere quello che resta. La prossima vita sapremo riconoscerci, la prossima volta saprà essere migliore, ed intanto ti porto con me come una ferita, come un sorriso, come un ombra che la luce non cancella.

Per te, e per tutti quelli che abbiamo amato e perduto.

(primavera 95)

REGINA COELI

E dritta in piedi accanto alla tua branda senti, quando, senza più stelle né conforto, la notte, serrata da quattro ordini di inferriate, né sonno né coscienza tracciano in disegni sequenze di attimi, grovigli di fili spezzati, fra pareti da dove promana un sentore di putrefazione.

Come il piccione senza volo che t’accompagna per un’ora nell’agonia di uno squallido trapezio. Qui orbita ed indugia nei domini suoi la mezzaluna e tutto è fuori. Non c’è ragione per te e sei solo uno fra tanti, come sempre, come tutti, ad aspettare, senza sapere, qualcosa di più di un telegramma, di una morte che non puoi morire, e speri che l’inferno ti salvi.

(autunno 97)

ANNULLAMENTO GRAVITAZIONALE TOTALE

Possiamo soltanto sperare che il collasso di una stella stanca un immane buco nero, una efficientissima macchina del tempo inghiotta questo coacervo di forze gravitazionali interazioni varie e banali–watchntropia si ritorni a quell’altro caos, innocente all’inizio della grande bugia.

(estate 94)

LA VOCE DELLE OMBRE

vorrei parlarmi ma ora non siete qui

guardando verso l’alto la terra è tradita guardando verso il basso il cielo è precluso guardando dritto di fronte a sé nè cielo nè terra si apriranno mai guardando dietro le spalle si va a sbattere da qualche parte

vorrei parlarvi ma ora non sono qui

(primavera 87 – inverno 93)

Prima pubblicazione: «La Scrittura» n. 7, autunno-inverno 97/98. Fotografia: Claudio Comandini, “Some candies publications” – Paros, agosto 1993.